Passengers: quando la fantascienza incontra Titanic e pure la Bibbia
- Luca Puggioni
- 10 gen 2017
- Tempo di lettura: 3 min
SPOILER!!
Partiamo subito dalla verità: sto scrivendo questo articolo solo perché me lo ha richiesto un amico, dato che il film di per sè mi ha dato davvero poco. Un’ora e mezza divertente, (ma niente di rilevante), che non fa provare emozioni forti. La Lawrence è sempre uno spettacolo, ma poi finisce lì.
Chris Pratt ormai è Star Lord (di Guardiani della Galassia) qualunque personaggio faccia: è così, bravo, bello e simpatico, magari un po’ cazzone, ma a cui non puoi far altro che voler bene.

La trama è molto semplice e lineare, ma interessante: la popolazione della Terra sta migrando su altri pianeti su navi spaziali. La nave in questione migra su Homestead II, un pianeta simile alla Terra distante 120 anni di viaggio. Data la lunghezza considerevole, per far sì che le persone arrivino in vita a destinazione, la multinazionale che gestisce la migrazione li sottopone a sonno criogenico, cosicché il tempo su di loro non abbia effetto.
Cosa succede, però? Jim, il protagonista, si sveglia 90 anni in anticipo, a causa di un malfunzionamento. Dopo quasi un anno trascorso da solo (con il barista robot), Jim pensa di svegliare la bella Aurora, per non morire di solitudine e dopo vari tentennamenti, alla fine, si convince e comincia la loro storia d'amore.
Ovviamente non ha intenzione di dirle che è stato lui a svegliarla (e non un malfunzionamento), ma questo penserà il barista. Ecco, appunto: Jim sa benissimo di dover tenere per sé questo grande e monumentale segreto, di cui non si può assolutamente dimenticare. Quindi affermare di fronte a entrambi “tra me e Aurora non ci sono segreti” per poi recarsi in bagno, lasciandola sola con il barista, poteva fargli pensare che sarebbe andata male, no? Perché non ha pensato che il barista potesse dirle la verità!
Cosa c'entra Titanic, vi starete chiedendo? Dunque:
Lei è ricca, lui è povero;
Le ultime parole famose “Questa nave non può affondare”, che invece per poco non esplode; in più, tutti i malfunzionamenti della nave sono nati dalla collisione con un meteorite (che in pratica è un iceberg spaziale);
Quando sono sul bordo della nave, lui la guarda e le chiede “ti fidi di me?”;
Lui si sacrifica per lei e muore congelato.
Ah no, aspetta: lui non muore, perché lui… resuscita! Alè! Dopo Crilin, Dolores e Gesù, ora anche Jim si aggiunge alla lista. Ecco che la Bibbia si aggiunge così alla trama.



In realtà, ‘sta cosa della resurrezione è un po’ una cavolata: sarebbe bastato non chiamarla così, bensì “rianimazione”, senza rievocare Messia vari.
Ma parliamone con calma: Jim finisce nello spazio e la tuta si buca facendogli perdere ossigeno e calore, Aurora riesce a recuperarlo e metterlo dentro questo lettino/capsula del futuro in grado di curare i pazienti, dando inoltre informazioni sulle loro condizioni di salute. La sentenza della capsula è: deceduto. Lei chiede se può far qualcosa in qualsiasi modo, ma serve l'autorizzazione di un medico. Il medico non c’è, ma in compenso Aurora è in possesso del braccialetto (NB: sulla nave tutti sono dotati di un bracciale che li identifica e li autorizza a svolgere alcune funzioni in base a chi sono) dell’unica persona veramente morta nel film, (che, guarda caso, è l’unico nero), che le permette di bypassare l’autorizzazione. Una volta fatto, clicca sul tasto resuscita. Ripeto, tasto RESUSCITA. C’è qualcuno all’ascolto che lavora in ospedale e mi sa dire se esiste il tasto resuscita? Va bene, siamo nel futuro, ma resuscita, davvero? Comunque, oltre a schiacciarlo, lei urla anche “resuscita resuscita”.
Tutta la sala stava ridendo, non scherzo. Tutta la sala rideva, nessuno era minimamente preoccupato.
La capsula è, in sostanza, una rianimazione con i defibrillatori del futuro, che permette lui di ricominciare a respirare. Non bastava chiamarla rianimazione? Forse, in effetti, una rianimazione normale non può salvare una persona che sta morendo non solo soffocato, ma anche congelato. Non bastava forse “rianimazione estrema”, allora? Dai, qualunque cosa al posto del verbo risuscitare.
Detto questo, è un film che si fa guardare volentieri, ma che probabilmente non rivedremo. È composto da immagini davvero belle e bei colori. I due sono ottimi attori e lo stesso vale per gli altri (pochi) attori che si vedono. Contiene delle citazioni molto fini e davvero apprezzabili.
Un film senza lode né infamia, insomma, ottimo per passare un pomeriggio o una sera ma niente di più. Certo lo si poteva rendere molto più profondo e logorante: la noia di Jim durante il suo anno da solo, ad esempio, non si percepisce davvero. Prendete Requiem for a Dream, lì, cavolo, se si sente la noia della madre, la routine e la ripetizione delle singole cose, giorno dopo giorno.
Un film che non entrerà dunque nella storia. Anche perché Titanic aveva una storia d’amore migliore.

Luca Puggioni
grazie a Giusi Dell'Abadia
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